lunedì 20 ottobre 2008

NUDO3


Giovanni Iudice, Nudo e bottiglie, 2004, olio su tela incollata su tavola


Zoe ha detto...

"il nudo come linguaggio universale."

Il nudo come espressione della bellezza è certamente un linguaggio universale:

«La parola bellezza fino a qualche anno fa era un tabù. Usare nel giudizio estetico il concetto di bello era ritenuto sbagliato dai critici, perché sostenevano che in tal modo si rievocavano i fantasmi di una cultura antimoderna. Altri concetti appartenevano all’idea di modernità estetica, come la funzionalità, il rigore geometrico in architettura, come l’astrattismo, le combinazioni disarmoniche dei colori nelle arti visive. Il bello era un concetto inutile nel giudizio sulle arti. Ma non solo inutile, bensì anche errato. Perché adesso il concetto di bello viene “sdoganato” dalla nostra cultura, senza ritenere che ciò sia una provocazione nei confronti della modernità? Ma c’è anche da chiedersi in che modo viene considerato questo concetto di bellezza che si ripresenta nelle valutazioni estetiche, quale sia la sua vera utilizzazione. Sotto gli occhi di tutti è la crisi creativa che ha attraversato l’arte nell’ultimo decennio. Un friggere e rifriggere le stesse cose, un’assenza d’invenzione, un ripiegarsi su esperienze per le quali erano necessarie acrobazie retoriche da parte dei critici per giustificarne il significato. È l’architettura, l’arte che per il suo legame con la società è sempre anticipatrice di crisi e di innovazioni, a pretendere una svolta estetica. Troppo brutte le nostre città nelle realizzazioni moderne, troppa assenza di quella bellezza che favorisce nell’abitabilità l’incontro tra la gente e non la loro ghettizzazione, condizione prevalente in cui sono state realizzate le periferie urbane. Ecco che l’idea di bellezza può essere quel principio estetico intorno al quale ripensare l’arte per darle nuovo slancio e rimediare a errori del passato, causati proprio dal fatto che si giudicava del tutto inutile tale idea. Se questo fosse davvero il progetto estetico che trova nella bellezza il suo fondamento, significa che s’incomincia a percorrere il giusto cammino per il rinnovamento delle arti. Ma credo non sia così, credo che gli ex agguerriti avversari della bellezza siano ben lontani dall’ammettere di aver sbagliato in passato e di ritenere che oggi si debba voltare pagina. Molti segnali, come il recente Salone del libro di Torino che aveva nel concetto di bellezza il suo tema centrale, fanno supporre che le riflessioni in atto tendano ad annullare proprio gli aspetti di critica a un passato che aveva rimosso dai suoi giudizi estetici la bellezza, e a rendere così inefficace un progetto culturale fondato sul bello. In questi dibattiti sembra che bello e brutto siano interscambiabili, che, sostenendo l’impossibilità di una definizione di bello, sia impossibile anche una definizione di brutto. I concetti si relativizzano e perdono il senso della loro radicale differenza. Così la bellezza viene depotenziata del suo valore progettuale, mentre essa è essenzialmente visione creativa aperta al futuro e antagonista al brutto, essa è un significato utopico che non sarà mai alleato a un mondo nichilista e relativista.»

(Stefano Zecchi, in Arte, numero 422, ottobre 2008, Editoriale Giorgio Mondadori, p. 8)